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In uno sperone quasi inaccessibile del Monte Corsegno, a 766 metri s.l.m., sorge tuttora la chiesa dedicata a San Cataldo insieme ad altri edifici.
Circa l’orgine della chiesa è stato scritto che essa sarebbe sorta come eremo del sottostante monastero benedettino di Fonte Bono in epoca medievale, e dedicata quindi successivamente al santo monaco irlandese Cataldo, sepolto a Taranto. L’edificio attuale certamente, così come le case ad esso circostanti, non dovrebbero essere stati edificati, tuttavia, precedentemente al XVI secolo.
La prima notizia certa della chiesa si trova negli Statuti del 1324. Seguono tre citazioni nobili in altrettanti testamenti del 1468 che non riferiscono notizie di rilievo. In un documento notarile del 19 febbraio 1543, un tale Martino di Battista Tessari si assume il contratto di edificare una casa nell’area presso la chiesa di San Cataldo e probabilmente si tratta di uno degli edifici tuttora esistenti. All’incirca nello stesso periodo, nella relazione agostiniana citata si legge: “Nel Monte di Corsegno è una bella fortezza, quasi nella sommità del monte, posta in uno scoglio inaccessibile… questa fortezza fu edificata dalla comunità et anco da particolari per refugio di quel popolo al tempo delli bisogni; ivi è una chiesa detta San Cataldo… vi sono pozzi non molto profondi di buona vena e di perfetta acqua”.
Dunque gli edifici e la chiesa di San Cataldo, data la potenza del luogo erano stati utilizzati come fortezza per la difesa del territorio. Della chiesa si parla altresì nelle relazioni delie Visite Pastorali del XVI e del XVII secolo, nelle quali l’edificio sacro è considerato di poco conto. Per quanto riguarda più specificamente il culto del Santo, il 20 giugno 1616, fu inviato a Taranto il nobiluomo Ettore Buscalferri di Santa Anatolia che se ne tornò in patria portando con sé due reliquie di San Cataldo dentro una teca d’argento che fu posta nella Chiesa della Pieve.
Una particolare sensazione di pace pervade lo spirito man mano che si percorre lo stradone per raggiungere il grazioso eremo a picco sopra uno sperone roccioso, sembra quasi gettarsi nel vuoto sulla sottostante valle di S. Pietro.
Sorge sulle macerie di una antica torre che aveva il solo ma importantissimo compito di proteggere il castello di Santa Anatolia.
Il culto di S. Cataldo, santo di origine irlandese, Vescovo di Taranto si diffuse nel territorio maceratese intorno all’anno 1000 e solo nel 1616 la popolazione di Esanatoglia chiese di proclamarlo patrono del paese affiancandolo a S. Anatolia.
Tra i tanti miracoli attribuiti al Santo, in una leggenda si narra che Cataldo fermò con la sola imposizione di una mano, la pericolosissima caduta di una enorme masso che rischiava di rotolare fino a valle. Tutt’oggi, lungo lo stradone che conduce all’eremo, è presente il presunto macigno sopra il quale sono impresse dei curiosi “fori” che la leggenda attribuisce appunto alle impronte lasciate dalle dita di S. Cataldo nel momento in cui arrestò l’enorme masso.
Il 9-10 Maggio rappresentano i giorni della festa del Patrono e, con una suggestiva processione che culmina con l’arrivo all’eremo, si venera S. Cataldo.
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